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domenica 26 agosto 2012

26 Agosto 2012. Visita al Central Buddhist Museum

E’ un piccolo, ma interessantissimo Museo, che si trova di fianco al Tempio Jogye.
Il Museo


L'ingresso
Due signore molto anziane si trovano all’ingresso e, pur non parlando una parola d’inglese, attraverso ampi gesti mi hanno fatto capire che l’ingresso era libero.

S’inizia con un bellissimo dipinto, dove sono raffigurati i Guardiani, che difendono coloro che entrano nel Tempio e rappresentano l’inizio e la fine e, dalla parte opposta, la Predicazione di Amitabha.

La predicazione di Amitabha

Amithabha, Luce infinita, è menzionato nella maggior parte dei sistemi tantrici e rappresenta vari aspetti fisici e mentali, combatte le illusioni del desiderio e della lussuria e rappresenta la mente illuminata della saggezza discriminante. Amitābha Buddha è un Buddha celestiale descritto in alcuni sutra della scuola Mahāyāna di Buddhismo. Secondo queste scritture, Amitābha è un Buddha, che possiede infiniti meriti in virtù delle numerose buone azioni compiute, durante le sue innumerevoli vite come bodhisattva (è quindi un Buddha completo, come il Gautama Buddha); ormai da tempo al di fuori del samsara, vive nella “Terra Pura”, che si trova oltre l’Occidente, al di là dei confini di questo mondo. Grazie alla forza dei Voti da lui giurati, quando era un bodhisattva, Amitābha conserva la possibilità di far rinascere coloro che lo invocano in questo Paradiso Occidentale, dove possono studiare il Dharma sotto la sua guida e quindi diventare bodhisattva e poi Buddha a loro volta, scopo finale di ogni anima nel buddhismo Mahāyāna.

Tra i due dipinti, il Buddha Sakyamuni seduto.

La statua del Buddha seduto.
Ci sono le impronte dei piedi del Buddha Sakyamuni.

Le impronte dei piedi del Buddha
Alcune tavole di legno raccolgono i fatti principali della vita del Buddha.
Il ventunesimo libro del Weolinseokbo del periodo Joseon.
Il ventunesimo libro del Weolinseokbo


Quindi, inizia un immaginario viaggio, svolto dentro la vita del Buddha Sakyamuni, attraverso dei dipinti.

S’inizia con la nascita imminente del Buddha. Egli era un principe, che rinunciò al trono (quindi al potere), per ricercare la Verità.

Nacque nel quinto secolo a.C., contemporaneo di Confucio e Socrate. La simbologia della nascita del Buddha e del Gesù il Maestro dei Maestri, è simile.

La nascita del Buddha

Racconta la leggenda che sua madre Maya, (che significa «illusione,» «o universo», in sanscrito); trascorreva un periodo di astinenza e castità nel palazzo del regno di Kapilavastu, nel nord dell’India.

Quando una mattina, una strana sonnolenza l’avvolse, si sdraiò sul letto reale della sua camera, cadde in un sonno molto speciale: sognò che i quattro Re Celestiali la trasportavano, innalzandola con il suo letto, al di sopra delle catene dell’Himalaya, arrivati oltre le cime altissime, l’adagiarono presso un albero, che si mise da un lato rispettosamente. Arrivarono le mogli dei quattro re, la lavarono accuratamente, purificandola da ogni macchia umana, l’adagiarono in un letto divino, rivolto a est.

All’orizzonte una stella brillò intensamente, e discese dirigendosi verso Maya, quando toccò terra, si trasformò in un elefante bianco, colse con la sua proboscide un fiore di loto, lo depose al suo fianco, dove lei giaceva e il fiore scomparve penetrando nel suo utero.

In quell’istante il Bodhisatva di compassione entrò nel grembo di sua madre.

La regina, al suo risveglio, molto turbata, raccontò il suo sogno al Re Suddodhana, a sua volta, il Re interrogò i Bramini, per avere il loro parere sul presagio, buono o cattivo. I Sacerdoti annunciarono che un grande Essere sarebbe venuto nella sua famiglia, un Re o un Buddha.

Alla sua nascita dopo sette giorni, sua madre Maya morì. I Bramini danno varie spiegazioni su questo, una di esse è che le madri dei Buddha muoiono, dopo aver fatto nascere figli illustri, perché il ventre, che ha concepito un Boddhisatva, è come il santuario di un tempio e non può servire per altri figli.

Un’altra spiegazione, molto più profonda e che lei si ritira nell’universo Manifestato o Maya.

Il principe Siddharta, racconta la leggenda, che con gli anni, oltre a imparare tutte le arti di un futuro Re, si compiaceva nella meditazione e nella solitudine.

Il Re Suddhodana, desiderando che suo figlio diventasse il suo degno successore, fece in modo di distrarlo da tutte le questioni esistenziali profonde.

A sedici anni si sposò con Yosodhara, ebbe un figlio a cui diede il nome di Rahula, che significa «Impedimento». Questo avvenimento fu di grande importanza, Siddharta aveva un’erede per la sua successione al trono, e, per fortuna, era libero di rinunciare ai suoi diritti e abbracciare la vita religiosa.

La partenza del Buddha
LA GRANDE PARTENZA 
 La leggenda racconta che quattro incontri determinarono il Principe Siddharta ad abbandonare il suo palazzo, per dedicarsi alla vita religiosa. Egli trascorreva tutto il tempo tra le mura del palazzo reale, protetto da suo padre, che gli nascondeva la realtà, e le disgrazie della vita. Per quattro volte, varcò la soglia del palazzo, accompagnato dal suo fedele domestico.

Una volta vide davanti al suo carro, un anziano, un’altra volta un malato, la terza volta un cadavere. Poi, lo fece riflettere un uomo con la testa calva e gli occhi sereni, era un asceta che dedicava la sua vita alla religione. Allora, Siddharta Sakyamuni profondamente commosso, decise di abbandonare il suo palazzo, per vivere la stessa vita di quell’uomo, con il proposito di scoprire le cause della sofferenza, la malattia, la vecchiaia e la morte.

E così Sakyamuni aveva scoperto il dolore e la sofferenza del suo regno. Così dopo le quattro tappe, Sakyamuni, seguendo le usanze della sua epoca, iniziò il cammino spirituale, per obbedire al suo Intimo Profondo, il suo Essere. Una notte, accompagnato dal suo servo, uscì dal palazzo, quando fu abbastanza lontano disse addio al suo domestico e amico, gli diede il suo cavallo; scambiò i suoi lussuosi abiti con altri più umili, tagliò i suoi capelli, e iniziò il suo cammino verso il bosco, alla ricerca della verità.

Inizia la ricerca della verità.

LA VITA RELIGIOSA NEL BOSCO  In quei tempi esistevano due eremiti Bramini ai piedi di un monte e Sakyamuni decise di seguire i loro insegnamenti. I saggi eremiti orientali venivano considerati persone di grande saggezza e potere; erano considerati grandi autorità nel campo religioso e metafisico, per questo Sakyamuni li scelse come maestri.

Inizia qui la pratica dello yoga, che caratterizza la terza fase della vita di ogni orientale, acquisire la concentrazione mentale, introspezione nel proprio Essere Intimo Profondo, l’emancipazione del corpo fisico attraverso il controllo psichico.

Lo Yoga in quel periodo era considerato un mezzo, per liberarsi dalle sofferenze legate alla condizione umana. I Maestri Eremiti insegnarono a Siddharta le discipline della meditazione, queste rimasero poi integrate nelle pratiche del Buddismo. La ricerca di Sakyamuni era orientata verso l’illuminazione, che libera l’umanità dalla sofferenza dell’eterno ciclo di nascita e morte. Comprese che quelle pratiche non lo avrebbero condotto verso la meta a cui aspirava, le abbandonò, e si dedicò alle pratiche ascetiche.

Sakyamuni aspirava all’illuminazione, e rendendosi conto che i due maestri asceti e le loro pratiche, non gli avrebbero permesso questo, racconta la leggenda che si dedicò da sei a dieci anni alla pratica nel più puro ascetismo. La stessa fonte, racconta, che fuggì nel bosco vicino al villaggio di Senna, dove si riunivano Bramini che avevano abbandonato le loro famiglie, e praticavano l’austerità.

L’ILLUMINAZIONE Racconta la leggenda, che si bagnò nel fiume, per togliersi la sporcizia accumulata nel suo corpo fisico, riprese a nutrirsi, mangiando riso e migliorando la sua alimentazione, recuperando infine tutte le sue forze.

Abbandonò quel bosco, e i discepoli che lo seguivano, dissero che aveva deviato dal cammino.

Con il fermo proposito di trovare la radice di tutte le sofferenze si sedette all’ombra di un Tipal (l’albero del fico in indù), e decise di non alzarsi fino a trovare la soluzione, a costo di perdere la pelle e la sua carne, e conoscere la realtà di ogni cosa.


Il Buddha seduto sotto l'albero.

LE TENTAZIONI DI MARA Preso posto sotto quell’albero, sedette sul suo tappeto, determinato a raggiungere l’illuminazione. Assunse la posizione di loto, postura classica della meditazione.

Le scritture raccontano adesso delle tentazioni di Mara. Le tentazioni di Mara hanno un ruolo importante in ogni processo d’iniziazione e di illuminazione.

Mara significa «il travolgente di vita», è l’ego a livello psicologico, elementi inumani che portiamo dentro noi stessi di esistenza in esistenza.

Gautama rimase impassibile per vincere colui che è chiamato il demone interiore, ego, con le sue intimidazioni e resistenze. All’alba raggiunse l’illuminazione, l’occhio di saggezza riscosse sublime chiarezza, quando la stella del mattino brillò, Sakyamuni sentì che tutta la sua vita esplodeva, in un istante distinse l’ultima realtà di tutte le cose. In quell’istante si trasformò in un Buddha.

Al tramonto, dopo il passaggio per i quattro stati di dhyana o intensa meditazione, raggiunse il primo grado, staccato dai sensi, poi il secondo: la sua caratteristica è la concentrazione perfetta della mente unita a uno stato di allegria. Nel terzo grado s’immerse in uno stato di pace e serenità senza limiti, nel quarto grado, raggiunse uno stato di suprema purezza, al di là di ogni sofferenza, piacere, pena, allegria.

Dopo essere riuscito nel completo dominio dei quattro gradi di dhyani, andò alla ricerca dell’origine di ogni sofferenza.

Si racconta che in quella notte ricordò la sua vita antecedente, poi tutte le altre, migliaia di esistenze in innumerevoli aeoni, rivide tutte le sue morti, il tipo di vita che ebbe, se felice o dolorosa.

Questo lo sperimentò, lo vide grazie al suo occhio di saggezza aperto.

Gli insegnamenti del Buddha parlano dei sei regni che l’anima deve attraversare uno dopo l’altro fino al raggiungimento della liberazione finale...

Poi, nella seconda fase, la notte, esplorò il mondo, la vita, la morte, l’eterno ritorno di tutte le creature, che nascevano e morivano in base alla legge de Karma, Dharma, cattive o buone azioni.

Le creature, che avevano vissuto nel peccato, passavano un tempo nella sfera della miseria, chi aveva fatto buone azioni, trascorreva un tempo nei tre cieli.

In quell’istante comprese la legge del Karma, che governa tutto l’universo.

Nella terza fase della notte, l’ultima verità: le dodici cause dell’eterno ritorno, vere cause e origine di tutte le sofferenze.

Comprese le quattro Verità Sacre, il modo in cui rimangono tutte le cose transitorie e impermanenti, e di tutte le cose che fanno parte del nobile sentiero ottuplice.

Così Gautama, si era trasformato in Buddha e, tutto il risultato delle esperienze vissute quella notte, furono le basi dell’insegnamento per i suoi discepoli.

Aveva trovato l’origine di tutte le sofferenze e si propose di divulgarlo a tutte le persone, che cercavano la vera strada della liberazione, persone con inquietudini sincere e avanzati spiritualmente, capaci di raggiungere l’illuminazione momentanea, semplicemente e ascoltare le sue rivelazioni in una forma semplice e chiara.

A questi insegnamenti si diede il nome: La Ruota Del Dharma o della Legge. Perché chi trascende questa Legge, raggiunge il Padre, va oltre il ciclo di nascita, morte, gioie, sofferenze, senza ego, senza desideri, attaccamenti. Raggiungendo la beatitudine, diventa Buddha.

In una teca un bellissimo vestito del Buddha Amitabha del periodo Joseon.
Tre piccole statue, provenienti dallo Stupa (il reliquiario) del Tempio Sajongsa del periodo Joseon.

Le tre statue, provenienti dal reliquiario del Tempio Sajongsa

Una statua della divinità Avalokiteśvara (“il Signore che guarda in giù”), il più venerato Bodhisattva della scuola Mahāyāna. È un dio misericordioso, che ha fatto il voto di non entrare nel nirvana, se non, dopo aver salvato tutte le creature, liberandole dall’ininterrotta peregrinazione di vita in vita.

La divinità Avalokiteśvara

Un’altra statua di bronzo del Ksitgarbha Bodhisattva, anch’essa divinità, come Avalokitesvara, che rinunciò a diventare Buddha fintanto che ci fossero state delle anime in pena. Ksitigarbha fece voto di non raggiungere lo stato di Buddha, finché tutti gli inferi non si fossero svuotati; il suo voto è ancora oggi recitato da molti buddhisti: "Non finché tutti gli inferi si siano svuotati diventerò un Buddha; Non finché tutti gli esseri siano stati salvati ascenderò al Bodhi."

Uscendo dal piccolo museo, mi accorgo che, all’interno della casa dei Bonzi, si sta tenendo una cerimonia. Provo a guardare dalla finestra e noto anche molti fedeli, raccolti in preghiera. Tolgo le mie scarpe, riponendole nell’apposito spazio ed entro.

Tre i Bonzi celebranti ed altri sei, invece, partecipano, seguendo la recitazione dei Mantra su dei libri. Dietro di loro i fedeli, come i Bonzi, seduti su dei larghi cuscini. Anche io prendo un cuscino e mi siedo, cercando di percepire quell’atmosfera così carica di mistero, che avvolge sempre persone, che pregano. Un Bonzo recita, cantilenando al microfono le preghiere; un altro suona su un tamburo ed, infine, un terzo Bonzo, ogni tanto, suona una campana. Tutti l’uditorio è rivolto verso le tre statue del Buddha, che si trovano di fronte a tutti noi. Noto una signora molto anziana, che snocciola i grandi di un rosario. Un poco alla volta, la voce del Bonzo inizia a cantare melodie ripetitive sempre più discendenti, il suono del tamburo diventa sempre più misto a pause ed il campanello rallenta i suoi intervalli. Ad un certo punto, i Bonzi iniziano ad alzarsi, segno che la sacra funzione sta terminando e lentamente sfilano, uscendo dalla sala. La signora ripone delicatamente il suo rosario. I tre Bonzi celebranti continuano la loro opera, ma ormai le ripetizioni sono sempre più frammentate. Improvvisamente il silenzio irrompe con la sua maestosità in questa Sala. I tre Bonzi officianti sfilano verso l’uscita in religiosissimo silenzio, seguiti da tutti noi.
La preghiera

2 commenti:

  1. Buongiorno Alessandro,
    per caso ho trovato le pagine di questo tuo blog e lo ritengo un miracolo!
    Mi presento e ti spiego perché:
    mi chiamo Alessandra e sono una traduttrice/redattrice di Milano. Proprio in questi giorni sto lavorando su una piccola guida turistica di Seoul e sto incontrando non poche difficoltà a risolvere alcuni dubbi. Inoltre, la guida in questione è in francese, per cui, oltre a perdermi nei meandri della cultura coreana, devo anche risolvere piccoli errori francesi... Magari tu potresti aiutarmi: non sempre le guide che ho a disposizione e Internet mi chiariscono le idee! Se sei così gentile da darmi una mano, te ne sarei grata! Se vuoi darmi un tuo contatto mail evito di intasarti il blog di post... Attendo tue news ma intanto grazie mille per il tempo che vorrai dedicarmi. A presto!
    Alessandra

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    Risposte
    1. Carissima Alessandra, Ti ringrazio della bellissima email e delle, fin troppo, belle parole!
      Mi hanno un po' turbato, commosso e reso estremamente felice!
      Comunque sono a tua disposizione, per qualsiasi chiarimento, vivendo, ancora per qualche tempo, a Seoul.
      Se vuoi scrivimi senza alcun problema ad alessandrodiadamo@yahoo.it.
      Sono a tua disposizione. Attendo tue nuove!!!
      Ciao e a presto

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