Cerca nel blog

Lettori fissi

Translate

Translate

Translate

Translate

Translate

sabato 25 agosto 2012

25 Agosto 2012. “Roma” a Seul.


Domani chiuderà i battenti la mostra "Roma", che si è tenuta, per un mese, presso “The War Memorial of  Korea” di Seul, di cui ho parlato in precedenza. Per un romano, innamorato follemente della città, in cui è nato, questa Mostra rappresenta un validissimo mezzo, per riavvicinarsi all'atmosfera, così carica di storia, che si respira nella città d'origine.

Il prezzo del biglietto è di circa 10 euro ed il tagliando mi viene consegnato dalla cassiera insieme alla guida. La mostra si tiene al piano – 1 del grande Museo.

L'ingresso della Mostra "Roma in Seoul"
L'ingresso


La statua di Marco Aurelio.

La statua di Marco Aurelio
 E’ l’unica stata equestre, che non è stata distrutta dai cristiani, perché il volto di Marco Aurelio sarebbe, in verità, la riproduzione del volto di Costantino il Grande, che tanta parte ebbe nell’affermazione del Cristianesimo.

La sezione, dedicata alle armi, è particolarmente interessante. S’inizia, intanto, con dei simboli, appartenenti agli eserciti di Roma.

I simboli degli eserciti di Roma

L’immancabile divisa del Centurione, che attira la curiosità dei tanti (anzi troppi!) bambini vocianti.
La divisa da centurione

I centurioni rappresentano il vero nerbo dell’esercito romano: si trattava di soldati professionisti e con molti anni di servizio alle spalle. La carica di centurione rappresentava l’apice della carriera per un legionario, il cui incarico si espletava all’interno di una coorte.
Il nome “centurione” si riferiva alla centuria, un’unità composta, nella legione del I secolo d.C. da ottanta uomini (o centosessanta nella I coorte). Percepivano un salario piuttosto elevato ed il premio di congedo, particolarmente ricco ed elargito alla fine del servizio attivo, non di rado consentiva ai centurioni di ritirarsi con una piccola fortuna, che permetteva loro di acquistare ville e fondi in campagna e di far scolpire preziose steli funebri per celebrare la loro carriera.

Si passa ad un’arma, che serviva, per romper le mura delle città nemiche: l’ “ariete” (aries pensilis); una delle prima macchine da guerra, usate dall’esercito romano, la cui origine, sembra, fosse assira.

L'ariete
Una bella cartina indica quale fosse l’estensione di Roma fino all’anno 117 d. C., quando era imperatore Traiano.

Il dominio di Roma al tempo di
Traiano imperatore
  Egli, ancora governatore della Germania superiore, seppe che il vecchio imperatore Nerva lo aveva designato quale successore. Era la prima volta che veniva nominato un imperatore, non secondo la successione dinastica, ma per merito.

Non era nato a Roma, ma in una città della Spagna meridionale. A Roma realizzò i Fori Imperiali, la colonna Traiana, che ancora oggi (fortunatamente) sono una delle mete preferite dai turisti, che vengono da ogni parte del mondo, per visitarli.


Si passa poi alla riproduzione di un “Abaco romano”: una sorta di pallottoliere tascabile, costituito da una piccola tavoletta di bronzo, dotata di scanalature, all’interno delle quali scorrevano dei sassolini.

L'abaco
Dal nome latino di questi ultimi, calculi, deriva il termine calcolo.









Poi un’ingegnosa macchina “cuscinetti a sfera”, che era stata utilizzata all’interno della Domus Aurea, che fu edificata su ordine di Nerone.

I cuscinetti a sfera
Questo ingegnoso meccanismo si trovava nella “Sala rotante”. Era una stanza rotonda dal pavimento di legno appoggiata ad una ruota dal diametro di 12 metri e con un pilastro di quattro metri, che ruotava su sé stessa giorno e notte attraverso cuscinetti a sfera e con il pavimento, poggiato sull'acqua. Un congegno geniale al servizio della follia di un imperatore, che, sentendosi un dio al centro del pianeta, era convinto di poter ricreare “il mondo in una stanza”.

Passiamo ai divertimenti degli antichi romani, cominciando, forse, dagli spettacoli più famosi: i combattimenti tra gladiatori, che si svolgevano nell’Anfiteatro Flavio. Il loro nome deriva dalla spada corta che usavano nei combattimenti: il "gladio".

Il gladiatore, pronto a scendere nell'arena

Le armi dei gladiatori


Il gladiatore imparava l’arte della gladiatura in "ludi", delle scuole, che erano caserme molto simili a prigioni, che si trovavano in tutto l’impero; dormiva in piccole celle disposte intorno al cortile, dove si allenava.

I gladiatori potevano essere dei prigionieri di guerra, dei criminali, dei galeotti, degli schiavi, dei condannatio uomini liberi senza futuro; potevano essere inesperti o dei veri professionisti, soprattutto i prigionieri di guerra, che, dopo aver vissuto diverse lotte armate, combattimenti, battaglie e sofferenze erano particolarmente temprati ed agguerriti e spesso venivano da terre lontane come la Tracia e la Germania.
 Questi personaggi erano i più ricercati e, dal momento che non avevano altre possibilità di vivere decorosamente la loro esistenza, si proponevano volentieri e si impegnavano fortemente nella pericolosa carriera del gladiatore.
La popolarità del gladiatore vincente era davvero notevole: il popolo lo esaltava e seguiva i combattimenti e gli spettacoli con passione e il suo nome diventava famoso.
Il gladiatore, che aveva vinto il suo avversario, si rivolgeva al pubblico dell’Anfiteatro, per domandare la sorte che la folla voleva riservare allo sconfitto e la folla, con un segno della mano decideva per la morte o per la vita: il pollice rivolto verso l’alto, "mitte" (salvo) significava che doveva vivere e il pollice rivolto verso il basso, "jugula" (morte) significava che doveva morire. Alla fine, però, era l’imperatore o chi organizzava lo spettacolo in questione, che con il suo pollice determinava la sorte del gladiatore sconfitto.

Molto bella e ricca di descrizioni è la sezione della Mostra, dedicata alla Scuola di Roma.
I primi maestri del bambino romano erano i genitori.
Col crescere della potenza di Roma, quest’usanza cominciò ad essere trascurata, in quanto la ricchezza entrò in molte famiglie e i genitori non avevano più tempo di educare personalmente i figli.
I bambini delle famiglie nobili vengono allora affidati ad un paedagogus, cioè un pedagogo, uno schiavo istruito, che aveva il compito di accompagnare ovunque il bambino: a scuola, a passeggio, agli spettacoli…

A 6 anni i bambini cominciavano a frequentare la scuola del ludi magister, simile all’attuale scuola elementare. Si svolgevano sei ore di lezione al giorno con una piccola interruzione a mezzogiorno. Si faceva vacanza ogni nove giorni e nei giorni festivi. In questa scuola i fanciulli romani imparavano solamente a leggere, a scrivere e a fare i calcoli.
La disciplina era molto rigida e gli alunni indisciplinati venivano puniti con la verga o la ferula, una frusta di cuoio.
A 12 anni i maschi iniziavano il secondo livello di istruzione con il “grammatico”, un insegnante, che veniva generalmente dalla Grecia, dall’Asia o dall’Egitto. Il grammatico impartiva lezioni di lingua e letteratura greca e latina, storia, geografia, fisica e astronomia.

Le femmine invece, quando considerate adulte, imparavano il mestiere di casalinga: imparavano a filare, tessere e a dirigere i lavori domestici, svolti dagli schiavi.

Le famiglie più ricche non mandavano i loro figli alla scuola del grammatico, perché esse potevano permettersi maestri privati e potevano addirittura comprarli. Questi maestri erano quasi sempre degli schiavi greci molto istruiti, che insegnavano, forse, in un modo meno noioso, perché avevano a disposizione molti più mezzi. I precettori privati venivano assunti dalle famiglie più ricche, che volevano garantire alle proprie figlie un’educazione più completa. In questo modo, anche le ragazze potevano imparare a suonare, a cantare e a studiare il Greco, così come facevano i maschi alla scuola del grammatico.

A 17 anni, dopo aver terminato la scuola del grammatico, i ragazzi iniziavano il terzo livello di istruzione, affrontato solo da coloro che avrebbero intrapreso la carriera politica o quella dell’avvocatura.
Gli studi superiori duravano due anni ed erano tenuti dai retori (rethores), che ispirandosi agli illustri oratori greci e latini, insegnavano agli alunni l’arte della retorica, cioè l’arte del “ben parlare”, la capacità di parlare bene e con facilità.

In seguito, i giovani romani che volevano completare ulteriormente i loro studi dovevano intraprendere un viaggio: ad Atene, a Pergamo, a Rodi o ad Alessandria dove poteva trovare validi maestri di filosofia, di geografia, di astronomia e di fisica più facilmente che a Roma, dove la maggior aspirazione per un ragazzino romano era vincere una gara di recitazione di poesia.

La religione a Roma. In una tabella, sono indicati i nomi delle divinità romane e la loro funzione.

Cecere. Dea dell'agricoltura, la cui figlia Proserpina era identificata con Persefone. La credenza greca, secondo la quale alla sua gioia di unirsi nuovamente alla figlia si doveva ogni primavera la rinascita della natura e l'abbondanza di frutta e di raccolti sulla terra, fu introdotta a Roma nel V secolo a.C., e il suo culto divenne molto popolare soprattutto fra i plebei.
Cupido. Dal latino cupere, "bramare", nella mitologia romana, figlio di Venere, dea dell'amore, e di Vulcano, dio del fuoco. Noto soprattutto come il dio giovane e bello, che si innamorò di Psiche, una fanciulla bellissima. In altri racconti appare come un ragazzo dispettoso, che colpisce indiscriminatamente uomini e dei con le sue frecce, facendoli innamorare perdutamente.

Diana. Dea della Luna e della caccia. Custodiva le fonti e i torrenti ed era la protettrice degli animali selvatici.

Giove. Il padre degli dei, figlio del dio Saturno, che spodestò. In origine dio e re del cielo, Giove era venerato come dio della pioggia, del tuono e del fulmine. Come protettore di Roma veniva chiamato Iuppiter Optimus Maximus ("il migliore e il più grande") ed era venerato in un tempio sul Campidoglio. In quanto Iuppiter Fidius era il custode della legge, il difensore della verità e il protettore di giustizia e virtù; i romani identificavano Giove con Zeus, il dio supremo dei greci, e assegnavano al dio latino gli attributi e i miti della divinità greca.

Giunone. Regina degli dei, sposa e sorella di Giove. Era la protettrice delle donne e fu venerata con nomi diversi. Come Iuno Pronuba presiedeva al matrimonio, come Iuno Lucina aiutava le donne nel parto, e come Iuno Regina era la particolare consigliera e protettrice dello stato romano.

Marte. Dio della guerra. Benché la sua natura originaria e le sue funzioni siano oscure, Marte, da cui prende nome il mese di marzo, era identificato dai romani con il dio greco della guerra, Ares. Tra le principali divinità di Roma, era considerato anche il padre del popolo romano, in quanto padre di Romolo, il leggendario fondatore della città; il suo altare si trovava nel Campo Marzio.

Mercurio. Messaggero degli dei, figlio del dio Giove e di Maia, figlia del titano Atlante. Mercurio era anche il dio dei mercanti e del commercio e condivideva molti degli attributi del dio greco Ermes.

Minerva. Dea dei lavori manuali. Identificata fin dai tempi antichissimi con Atena, Minerva era patrona delle arti e del commercio.

Nettuno. Dio del mare, figlio del dio Saturno e fratello di Giove, re degli dei, e di Plutone, dio dei morti. In origine dio delle fonti e dei corsi d'acqua, fu poi identificato con il dio greco del mare, Poseidone.

Plutone. Dio dei morti, sposo di Proserpina, che corrisponde al dio greco Ade. Plutone aiutò i suoi due fratelli, Giove e Nettuno, a esautorare il padre, Saturno. Quando si divisero tra loro il mondo, Giove scelse la terra e i cieli come suo regno, Nettuno diventò il dio del mare e Plutone ebbe il mondo sotterraneo, in cui regnava sulle ombre dei morti

Saturno. Antico dio dell'agricoltura. Nelle leggende più tarde fu identificato con il dio greco Crono, che, spodestato dal figlio Zeus (per i romani, Giove), fuggì in Italia, dove regnò nell'Età dell'Oro, epoca di perfetta pace e felicità.

Venere. Era originariamente una dea dei giardini e degli orti, in seguito identificata con Afrodite, la dea greca dell'amore e della bellezza. In epoca imperiale era venerata sotto diverse sembianze: come Venus genitrix era madre dell'eroe Enea, capostipite del popolo romano e in particolare della gens Iulia, cui appartenne Giulio Cesare; come Venus felix, apportatrice di fortuna; come Venus victrix, colei che procura la vittoria; come Venus verticordia, protettrice della castità femminile.

Vulcano. Dio del fuoco, originariamente un'antica divinità italica, che sembra essere stata associata al fuoco vulcanico; in epoca imperiale Vulcano veniva identificato con il dio greco Efesto e la sua festa, i Volcanalia, veniva celebrata il 23 agosto. Era particolarmente venerato a Ostia, centro del suo culto.

E si conclude la prima parte della Mostra, dedicata all’antica Roma. Attraverso un corridoio, ci ritroviamo, magicamente, in una strada di Roma in tempi moderni.

Roma oggi
Una bellissima Cinquecento gialla troneggia proprio di fronte alla Fontana di Trevi.

La Cinquecento; un mito anche oggi!

La Fontana di Trevi


Domina la piazza di Trevi, componendo uno degli scenari più famosi al mondo, e che rappresenta una delle mete turistiche più visitate di Roma. La fontana è l'elemento terminale dell'acquedotto Vergine, uno dei più antichi acquedotti romani, tuttora in uso fin dal tempo di Augusto.

Fu voluto, nel 19 a.C., da Marco Vipsanio Agrippa, per alimentare le terme che egli stesso aveva fatto costruire al Pantheon. Nel 1453, il papa Nicolò V avviò un'opera di bonifica dell'acquedotto, della quale furono incaricati Leon Battista Alberti e Bernardo Rossellino, architetti dell'Acqua Vergine.

La fontana, che possiamo ammirare oggi, fu iniziata per volere del papa Clemente XII, nel 1732, dopo che nell'area, a partire dal 1640, si erano intrapresi lavori di restauro fermatisi, però, a un basamento a esedra, realizzato da Gian Lorenzo Bernini.

La Bocca della verità.

La Bocca della verità
Si trova all'interno del portico della chiesa paleocristiana di Santa Maria in Cosmedin – edificata nel VI secolo sull'ara massima di Ercole - è, probabilmente, un antico chiusino di età classica a forma di mascherone, rappresentante una divinità fluviale con la bocca spalancata. Questo grande disco di marmo –1,75 m di diametro - collocato qui nel 1632, è conosciuto dai turisti di tutto il mondo per la leggenda alla quale è associato, per cui i bugiardi che vi introducono la mano resterebbero monchi.

L’abbigliamento di Roma antica chiude questa bella Mostra, dedicata alla mia città. In uno spazio riservato, era possibile indossare dei costumi e fare delle fotografie.

Alcuni vestiti di Roma antica
 Molti i bambini, che chiedevano d’indossare i tanti costumi disponibili ed era simpatico vederli pavoneggiarsi davanti alle macchine fotografiche! Insomma, Roma sembrava davvero di aver conquistato anche loro!








Roma in Seul

P.S. Le notizie storiche sono state tradotte dalla guida in lingua inglese, che viene consegnata all'ingresso della Mostra.

Nessun commento:

Posta un commento